Rame placcato oro 18 carati, verniciato: 9,5 kg. 20,4 cm di diametro, 53,5 cm di altezza.
Il “trofeo senza fine” è un sogno sorretto dalle mani salde di saette su due ruote. Senza fine come la passione per ciò che amiamo, come le parole suggerite dal cuore quando raccontiamo una storia. Bene, questa storia ha inizio nel 1909. Chiudiamo gli occhi e una brezza ci accarezza la pelle, le narici accolgono l’aria della primavera, frizzante e briosa. Non è un mattino come tutti gli altri, è l’inizio di un’emozione senza eguali. Otto tappe e 127 corridori, 25 000 lire di montepremi. Da quel momento inizia l’evoluzione del Giro d’Italia, che ad oggi non smette di farci balzare il cuore nel petto. Contraddistinta da tante curve: quelle del trofeo senza fine, una spirale che si allarga verso l’alto con incisi tutti i nomi dei vincitori, curve dolci come i colli dell’Appennino e curve di sorrisi ai compagni di squadra e ai collaboratori che rendono possibile tutto questo.
Nelle storie si parla di filo rosso, che è un leitmotiv della narrazione. Qui, invece, da novant’anni a questa parte, parliamo di filo rosa. Ha composto le trame e gli orditi della stoffa color Gazzetta dello Sport ed è un punto d’incontro tra passato e presente, amicizia e rivalità agonistica, tradizione e innovazione. Il “gruppo di testa”, gli “Inseguitori”, i “solitari”, ogni atleta ha la sua aura di misteriosa emozione. Quando sei lì, sul ciglio di una strada, asfaltata o polverosa, lontano dal traguardo, aspetti solo di veder “passare il Giro”. Vorresti quasi dire agli atleti: “rallentate, fatemi godere di questo momento il più a lungo possibile”. Ormai siamo alle porte del Giro e ci si potrebbe mettere la mano sul fuoco che si inizia a sentire l’eccitazione della gara imminente. È una fiamma che scalda ma non brucia quella della carica dei ciclisti che ammiriamo da quando eravamo bambini. Scoprire che sarebbe passato vicino a noi quella carovana di corridori ci faceva volare con le ali della fantasia, contemplando il rumore dei copertoni sull’asfalto, e ci sentivamo ispirati dalla loro determinazione.
Il brontolio di stomaco provocato dalla fame di vittoria è qualcosa che solo i campioni riescono a spiegare. Non esiste supermarket dove si compra la grinta: o ce l’hai o non ce l’hai, diceva il Pirata. Leggendario per aver vinto sia il Giro d’Italia sia il Tour de France lo stesso anno, nel ‘98. Citazioni come questa ci confermano lo slancio di chi ha preso in mano il filo rosa e lo ha impreziosito.
Il Giro d’Italia fa parte della nostra cultura e della nostra storia come italiani. È l’evento sportivo più amato e vissuto, “da quella curva spunterà, quel naso triste da italiano allegro”, come cantava Paolo Conte in “Bartali”. Ogni pedalata si distingue dalla precedente, ecco perché non ci interessa davvero chi vince o chi perde. L’emozione di quando incitiamo chiunque stia correndo, ha anche la capacità di farci percorrere un itinerario dentro di noi. La bellezza sublime dell’attesa.
L’8 maggio 2021 assisteremo proprio a questo. E non vediamo l’ora di rivivere la magia del giro.
SOPHIE GUAZZARINI - LICEO LINGUISTICO ILARIA ALPI- CESENA- (FC)
Permalink: UN APOSTROFO ROSA TRA I RAGGI DELLA RUOTA | Data di pubblicazione: 13/05/2021 |
Tag: UN APOSTROFO ROSA TRA I RAGGI DELLA RUOTA | Data ultima modifica: 20/07/2021 10:32:19 |
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